Elezioni. E’ questo l’esempio per le generazioni future?

Ieri mattina mi sono svegliata e la prima notizia che ho letto è stata che più del 50% degli italiani non è andata a votare.
La mia mente è corsa subito ai mille confronti avuti in classe con i miei gli alunni di appena nove anni. Bambini di nove anni che ci tengono tantissimo ad avere la loro opinione e a poterla esprimere sempre, su argomenti di cui pensano di sapere tutto ma anche su situazioni riguardo le quali non sarebbero nemmeno chiamati in causa, su litigi che non li coinvolgono, sulla gestione dell’organizzazione scolastica e su altri innumerevoli argomenti che di certo non dipendono da loro (e spesso neanche da noi insegnanti!)
Loro desiderano fortemente esprimere la loro opinione perché sono fermamente convinti che il dibattito sia motivo di arricchimento e perché sperano che così facendo prima o poi qualcuno li ascolterà.

Penserete che non sia possibile che bambini di nove anni facciamo ragionamenti simili.
Di sicuro questo atteggiamento è qualcosa che abbiamo motivato e stimolato noi maestre di classe da quando loro hanno varcato la soglia della scuola primaria, cercando di renderli sempre più protagonisti del posto in cui vivono e partecipi delle decisioni che si prendono.
A partire dalla prima elementare, hanno scelto con noi le regole che era importante seguire a scuola, in classe, durante le uscite didattiche. Hanno creato un decalogo dei buoni comportamenti da adottare e delle regole da rispettare scegliendo cosa fosse meglio per la classe come gruppo e allo stesso tempo per i singoli, lo hanno fatto insieme, confrontandosi, in maniera democratica.
Spesso questo li ha portati a litigare fra loro e sicuramente non ha risparmiato fatica a noi docenti (sappiamo tutti che sarebbe più facile, nel nostro mestiere, dare delle regole e chiedere agli alunni di rispettarle, senza ma e senza se), bambini di sei anni si sono ritrovati per la prima volta a doversi confrontare tra loro per raggiungere un risultato che fosse costruttivo e valido per la classe intera, hanno dovuto mettere il bene del gruppo davanti ai propri bisogni personali, qualcosa di impensabile per un’età nella quale ci si riesce a focalizzare solo su se stessi.

Impensabile ma non irrealizzabile.

Lo hanno fatto e da lì hanno continuato a costruire insieme in maniera sempre più collaborativa e, davvero, formativa. Fino a quest’anno quando con grande gioia li ho osservati più volte organizzarsi il lavoro nei gruppi in maniera totalmente autonoma, dividendosi compiti e lavori responsabilmente per portare a termine l’attività nei tempi dati e secondo le richieste fatte.
Ogni volta, al termine dell’attività, commentavamo insieme come era andata. Se qualcuno si era sentito escluso non aveva timore a dirlo, se qualcuno aveva faticato a mettere da parte la propria idea per far spazio a quella degli altri, lo ammetteva.
Tutto serve e questo momento era parte fondante e fondamentale per migliorare la collaborazione.
Ho più volte detto loro che erano molto grandi nel modo che avevano di organizzarsi il lavoro e che spesso una collaborazione e condivisione di idee così rispettosa e responsabile non esiste nemmeno fra gli adulti.
E’ chiaro che le dinamiche che entrano in gioco tra gli adulti loro ancora non le conoscono, dinamiche del potere e del denaro che minano i rapporti e la reale collaborazione tra le persone, ma che sono, per fortuna, ancora troppo lontane da loro .
Nel nostro confronto li portavo poi a riflettere sul bello che avevano costruito e sull’importanza dei procedimenti democratici che li avevano portati a costruire il lavoro che era stato richiesto.
Ecco, in soli tre anni, bambini di 6/9 anni hanno imparato a prendere decisioni in maniera democratica, rispettando il pensiero altrui e soprattutto non avendo paura di esprimere la loro opinione. Anzi, con un forte, fortissimo desiderio di manifestare il loro pensiero!

Si interrogano, creano ipotesi, esprimono le loro opinioni, si confrontano, trovano i pro e contro, si ascoltano tra di loro… fino a trovare un accordo, una soluzione.
La loro mente viaggia, vola, fa salti acrobatici e si lancia nel vuoto, non teme il pericolo, le cadute, il giudizio. La loro mente ha la soluzione per tutto, un litigio, un lavoro in classe non terminato, il riscaldamento globale, la fame nel mondo, la guerra.
La guerra. Quella cosa di cui i bambini non parlano, ma che temono. Quella cosa che non capiscono a fondo ma che sanno che è vicina. Quella cosa di cui sanno solo una cosa: è tremenda e bisogna finirla subito!
(ne avevo già scritto due anni fa, per chi volesse rileggersi l’articolo, erano sempre loro, i miei cuccioli, 7 anni. https://parolediviaggi.com/2022/03/25/il-mondo-attraverso-i-loro-occhi/)

Ecco.
E invece più del 50% degli italiani non è andato a votare.
Ecco cosa ho pensato questa mattina, che tutti quelli che non sono andati a votare non avessero avuto rispetto (oltre che per tutti coloro che hanno lottato e hanno perso la vita per ottenere questo diritto -questo ce lo siamo detti e ridetti, ma forse non basta- ) per tutti quelli che ancora non possono votare perché senza la cittadinanza italiana nonostante risiedano qui da una vita, o perché ancora minorenni ma con le idee già ben chiare.
Ho pensato ai miei alunni, i quali non vedono l’ora di poter esprimere la propria opinione perché sanno che è un loro diritto e che è importantissimo per far sentire la propria voce e che, seppur a nove anni, hanno già le idee chiare su quale sia il mondo in cui vogliono vivere.
A cosa serve quindi che noi maestre quotidianamente trasmettiamo loro questi valori? A cosa serve studiare la storia per capire da dove veniamo e dove vogliamo andare se questo è il risultato?
50% delle persone che non si è recata alla urne (volendo protestare avrebbe potuto votare e annullare la scheda) significa che non ci si vuole far coinvolgere.
Significa che si vive in un mondo di cui però non si vuole essere partecipi, un insulto alla democrazia, una mancanza di rispetto verso gli altri a partire da se stessi.

Il mio pensiero è andato a loro. Continueranno ad avere quel grande desiderio di sentirsi parte del mondo? Sentiranno ancora il bisogno di esprimere la loro opinione? Cresceranno senza dimenticare i loro sogni di adesso? Sapranno essere cittadini migliori di quello che siamo noi oggi?

Lo spero tanto.

Foto presa dal web

La foto dell’header invece è “L’information scolaire” di R. Doisneau, il mio fotografo preferito.
Paris, 1956

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