Senegal è emozione.
Senegal è paura di dimenticare.
Senegal è paura di dimenticare, di dimenticare quello che hai visto, quello che hai vissuto, quello che là ti ha preso totalmente.
Paura di dimenticare profumi, odori, suoni, rumori, gusti e sapori che solo là hai provato e sentito.
Senegal sono le mille immagini che ti eri fatta alla partenza e tutte quelle apparentemente simili ma totalmente diverse con cui hai riempito la tua valigia al ritorno.
Senegal è quella nostalgia che ti rimane addosso e che ti fa piangere ogni volta che ti fermi a pensare.
Senegal è tutto.
Senegal è la spiaggia infinita che da Dakar punta verso il nord senza venir mai sopraffatta dalle onde.
Sono i pescatori che la mattina presto vanno a tirare le reti e le donne che li accompagnano con i cesti sulla testa.
Senegal sono le strade di sabbia, le case di cemento mai terminate e le “boutique”, i negozi che, nascosti dietro una grata, vendono qualsiasi prodotto tu abbia bisogno.
Senegal è una scuola da ristrutturare, un carretto trainato da un asino, due bambini che giocano in strada. Senegal sono i bimbi seduti per terra che imperterriti non smettono di chiamarti toubab, bianco.
Senegal sono i car-rapid , gli ndiaga ndiaye e le macchine semidistrutte che circolano per strada.
Senegal sono i bambini che giocano con uno pneumatico, le donne con i neonati sulla schiena, i talibè che ti chiedono due spiccioli ma che si accontentano di un tuo sorriso.
Senegal è la Casamance, la foresta tropicale, la mangrovie e le piroghe .
Senegal è un piatto di alluminio dal quale si mangia tutti insieme; sono i manghi, il succo di guava e di bissap e il caffè “touba”.
Senegal è l’ataya a qualsiasi ora del giorno e della notte, l’importante è farne sempre tre di seguito.
Senegal sono i giovani, le persone che ti circondano e che ti permettono di entrare così tanto nella loro cultura. Senegal sono i loro sorrisi che ti rimangono impressi nella mente, i loro denti così bianchi rispetto alla pelle così nera. I loro volti, così belli, così felici, così semplici. I loro occhi che in ogni istante ti sussurrano… “begué”.