E’ da qualche settimana che spesso mi fermo a pensare e a riflettere su un cambiamento che incomincio a vedere nel mondo e del quale, anche se in minima misura, mi sento di far parte.
Sempre più spesso ritrovo tematiche come ecostostenibilità ambientale, Agenda 2030, riciclo delle plastiche e via dicendo sulle bocche della gente. Dal parrucchiere, sul tram, in coda alla posta… la gente parla.
Due settimane fa una ragazzina appena sedicenne ha fatto smuovere migliaia di persone semplicemente con un discorso.
Come sempre in questi casi i pareri e i giudizi sono discordanti. C’è chi ha sostenuto che far parlare una ragazzina sia stata solo una mossa di marketing e che nulla fosse se non la pedina nelle mani di adulti che volevano lavarsi la coscienza. Altri all’opposto hanno visto nella piccola Greta una rivelazione.
Io ho letto tanti articoli cercandoli su siti molto diversi gli uni dagli altri e ho ascoltato e visto servizi di qualsiasi genere.
E ora mi ritrovo a scrivere proprio per dire qualcosa di diverso.
Io mi fermo molto prima. Semplicemente osservo. E quello che i miei occhi vedono è un movimento che porta a parlare di ecosostenibilità, ad aprire domande sul clima e ad interrogarsi sul futuro.
Quasi mai capita di vedere manifestazioni che nascono pacifiche e rimangono tali. Giovani, adulti, studenti, bambini, insegnanti tutti uniti per la stessa ragione. Senza violenza. Senza supponenza.
Con loro solo la voglia di dire che, insieme, si può andare avanti.
Con loro solo tanta speranza.
Speranza per un mondo migliore, speranza in un possibile cambiamento, speranza di essere ascoltati.
Da persona ottimista quale sono io credo che un cambiamento sia possibile e, in quanto insegnante della scuola primaria, mi impegno giornalmente perchè i bambini crescano nella consapevolezza che riciclare, risparmiare, non sprecare e impegnarsi fin da piccoli nelle azioni di tutti i giorni sia fondamentale per costruire un mondo migliore.
Credo fortemente nel potere che il mio esempio e le mie parole possono avere su di loro e impiego gran parte delle mie energie per fare in modo che diventino sempre più sensibili al fatto che ogni loro azione scriverà il futuro del nostro pianeta.
Il mondo che ci circonda è la ricchezza maggiore che abbiamo e questo è il valore più grande che bisognerebbe trasmettere.
Non sono qui a scrivere se la manifestazione del 15 marzo, #fridayforfuture, sia stata più o meno giusta, non sta a me dirlo e non servirebbe a nulla. Io semplicemente penso che, se ha portato anche solo qualche centinaio di persone a chiedersi il perchè di tutto quel movimento, allora, forse, a qualcosa è servita.
Non siamo più abituati a interrogarci sul posto che occupiamo nel mondo e sul posto che vorremo occupare in futuro, o forse non lo siamo mai stati.
Non siamo più abituati a girare il mondo (fisicamente o virtualmente) fermandoci a guardare, toccare, ascoltare la natura.
La fotografiamo, possibilmente con noi in posa plastica davanti, la condividiamo sui social e la giudichiamo sulla base di quanti like ha ottenuto o meno quella foto.
E tutto ciò che quella distesa verde, quel mare o quel ghiacciaio volevano insegnarci, non ci interessa. L’importante è che la foto sia d’impatto.
Andare in Islanda a me ha ricordato questo. Mi ha ricordato di guardare prima di fotografare. Di emozionarmi prima di commentare. Di ascoltare prima di giudicare.
E mi ha insegnato che è la natura che noi calpestiamo tutti i giorni la nostra più grande maestra di vita. Un ghiacciaio che velocemente si ritira lasciando il posto ad una laguna, una foresta che crolla o una specie animale che pian piano si estingue non ci stanno forse dicendo qualcosa?
Per una volta allora vi invito a fermarvi, a posare lo smartphone e a guardarvi intorno. Ascoltate il canto degli uccelli e accarezzate i fili d’erba che crescono sotto i vostri piedi.
Non è bellissima la natura che ci circonda?
Viaggia, osserva, impara.
Solo allora potrai dirti davvero cittadino di questo bellissimo pianeta.
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