Venerdì 13 marzo sono stata ospite su Radio Stonata, per un intervento all’interno della rubrica “Il viaggio”. Era la seconda volta che partecipavo quindi mi sono sentita molto a mio agio con lo speaker Beppe Sorbara e ho chiacchierato e raccontato il mio viaggio come se parlassi con degli amici… nonostante fossi invece in diretta radiofonica!
L’intervista che mi ha fatto Beppe verteva principalmente sull’articolo uscito su Non Solo Turisti e sul mio blog lo scorso autunno:
https://parolediviaggi.com/2019/09/20/myanmar-semplici-consigli-per-grandi-esperienze/
Beppe si è dimostrato subito molto curioso nel capire i dettagli organizzativi del mio viaggio, quanti giorni avevo passato nel paese, quali erano state le spese più ingenti, con quali mezzi di trasporto mi spostavo, dove alloggiavo…
Ho così provato ad entrare nei particolari organizzativi anche se, ho precisato, da buona backpacker molte cose le avevo affidate al caso o comunque le avevo prenotate giorno per giorno. Il bello del Myanmar è infatti stato proprio questo: essendoci andata fuori stagione (agosto in quei paesi è la stagione delle piogge e quindi non è consigliato andarci) non ho avuto difficoltà nel trovare ostelli a bassissimo prezzo (ma comunque buoni, dati gli standard del luogo) e mezzi di trasporto locali diurni e notturni a buon costo… cosa che mi ha permesso di non mettere la preoccupazione del ‘dove dormire’ o del ‘come spostarsi’ come priorità.
Certo, io e i miei amici abbiamo dovuto fare i conti con un cielo spesso nuvoloso e con piogge torrenziali che ci obbligavano a fermare i motorini sotto tettoie e ripari improvvisati, ma penso che gran parte dei miei bei ricordi siano proprio legati a quegli imprevisti, e non cambierei il viaggio fatto con nessun altro dalle condizioni migliori!
A differenza dell’articolo, nel quale sono stata più schematica e ho descritto alcuni aspetti del Myanmar in maniera oggettiva, nell’intervista mi sono lasciata trascinare dall’entusiasmo e dai ricordi e ho provato a raccontare le emozioni provate in quei luoghi.
Ho infatti più volte sottolineato che il Myanmar è un paese che ha da pochissimo aperto le sue frontiere al turismo poichè per cinquanta anni è stato sotto un governo militare, e questo lo rende ancora semplice, naturale, genuino.
L’emozione più grande che ho provato è stata infatti proprio il vivere per tredici giorni circondata da una popolazione non ancora abituata a noi, turisti. E’ stata conoscere persone che ci invitavano a pranzo nelle loro umili case, condividere con loro momenti di ballo e festa, essere fermata più volte per strada per poter fare una foto con loro (…non dovrebbe essere il contrario?)
Penso che tra i molti paesi visti nella mia vita, questo sia uno di quelli che mi ha trasmesso le emozioni più grandi. Custodisco, impressi nella mia memoria, i volti di ogni persona incontrata, i sorrisi, quei sorrisi talvolta senza denti e spesso macchiati di rosso dal betel, ma così semplici. La gratitudine mostrata per qualsiasi cosa, si trattasse di un pezzo di ananas offerto o di un sorriso ricambiato. Ma soprattutto i loro occhi, circondati da rughe profonde che raccontano una storia complessa e difficile, ma così brillanti nonostante il nero intenso dell’iride.
Ecco, questo è ciò che, più di tutto, non dimentico.
La bellezza del Myanmar sta proprio in questo. Nella sua genuità, appunto.
Chissà per quanto tempo ancora sarà così?
Certo, un viaggio non sarà mai abbastanza per conoscere realmente una popolazione così segnata dalla sua storia, ma può essere un buon punto di partenza!
Vi invito allora a leggere l’articolo che ho scritto, ad ascoltare il podcast della mia intervista e… ad andare in Mynamar, prima che la macchina del turismo lo trasformi completamente!
Andare in diretta è stata un’esperienza molto bella e non posso fare altro se non ringraziare Marco di Non Solo Turisti e Beppe per avermi dato ancora una volta questa bellissima possibilità di parlare della mia più grande passione: viaggiare!
Buon ascolto e buona lettura!
Oh come è vero!! L’emozione più grande e il ricordo più forte è proprio quella di conoscere della gente che non sa ancora cosa siano i turisti. Ancora adesso ho vivi questi ricordi (1982) della popolazione di Nias (Indonesia). I bambini che ci scrutavano dalle finestre, che ci circondavano solo per guardarci, che ci tiravano i peli per capire se erano veri. Ricordo che ci ospitavano nelle loro case, che volevano provare le nostre scarpe. Che abisso rispetto a turchi, egiziani o marocchini che aspettano al varco il turista con frasi fatte e mercanzia pronta!
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