Cosa significa per me perdersi?
Qualche settimana fa mi è stata posta questa domanda e oggi, dopo alcuni giorni nei quali ho fatto piena esperienza di tutto quanto avevo scritto, scelgo di condividere con voi la risposta che avevo dato.
Cosa significa per me perdersi?
Da insegnante di italiano quale sono non posso non pensare subito all’etimologia della parola, sempre vista con accezione negativa, ma forse non in maniera del tutto corretta.
Pèrdere deriva dal latino per (oltre, al di là) e dare (dare); cercando su qualsiasi dizionario, online o cartaceo, si trovano solamente i significati classici come andare in rovina, cessare di avere, procurare un danno.
Da ottimista per natura quale sono preferisco fermarmi ad osservare l’altro lato della medaglia, o del significato.
Andare oltre non deve per forza rappresentare una situazione di sconfitta, al contrario potrebbe indicare un’opportunità che non avremmo altrimenti considerato.
Da anni tengo un blog di viaggi nel quale consiglio ai lettori esperienze da fare in giro per il mondo ma soprattutto modalità di rapportarsi e di vivere le situazioni che ci accadono quando varchiamo la soglia di casa.
E quasi sempre, come ultimo, ma a mio avviso più importante consiglio, scrivo proprio questo: perdetevi.
Tra le vie di una città, il verde della natura, le corsie di una libreria, le pagine di un libro. Perdetevi.
Perchè è solo perdendosi che si possono fare le scoperte più grandi.
Perchè perdersi è l’unico strumento che la Vita ci dà per poter fare esperienze che altrimenti non faremmo, per spronarci ad uscire dalla nostra comfort zone, per cambiare punto di vista e imparare così a vedere noi stessi sotto una luce diversa, nuova, inimmaginata.
In tutti i miei viaggi, dopo qualche giorno estremamente programmato, cerco sempre di lasciare dello spazio vuoto, libero, aperto a qualcosa che ancora non conosco e non so di voler conoscere.
Mi affido al caso, cammino per le città senza una meta precisa, scelgo di “perdere” tempo rilassandomi su un prato, aspetto che la vita accada là dove non ho programmi, cartine o GPS.
Il più delle volte quei momenti rappresentano la parte più bella del viaggio, l’avventura non programmata che racconterò al rientro e che porterò sempre con me, l’esperienza che mi insegna qualcosa, la situazione mediante la quale conosco una parte di me fino ad allora sconosciuta.
Perdetevi, dico sempre.
Perdetevi, ripeto adesso.
Abbandonatevi ad una Vita che è lì per voi, pronta ad accadere quando meno ve lo aspettate, pronta a stupirvi.
Fate spazio all’imprevisto, gettate via per un momento quell’ossessivo bisogno di controllo, lasciate entrare la novità, assaporatene ogni istante, godete di quelle emozioni che vi fanno battere il cuore… spesso la paura dell’ignoto nient’altro è che il principio per la scoperta della meraviglia, ma su questo lascio la parola a Platone che nel mito della caverna (contenuto ne La Repubblica) racconta proprio questo.
Buon viaggio!

Foto dell’header: Lago di Sillustani, Perù.